La nuova Stagione del Litta: a volo di Gabbiano fra classici rivisati e contemporanei da scoprire

Conferenza Stampa di presentazione della Stagione 2014-2015 del Teatro Litta, oggi, nella suggestiva Cavallerizza – saletta che, con una cinquantina di posti a disposizione, è un po’ il gioiellino di famiglia, adibito alle occasioni più raccolte e confidenziali.
I padroni di casa, i Direttori Artistici Gaetano Callegaro ed Antonio Sixty, hanno introdotto la programmazione anzitutto soffermandosi sull’EXPO. “Da maggio saranno attesi dai 40 ai 50 mila turisti… sarà un anno difficile…ma il teatro vive anche nel 2014”, ha sottolineato Callegaro, ricordando come il periodo clou dell’evento corrisponda con i mesi, in cui le stagioni teatrali sono tradizionalmente concluse ed i teatri riposano ‘a maggese’. “Poi la nostra sede è sita in un palazzo storico ed abbiamo immaginato delle visite-spettacolo pensate ad hoc”, ma il riferimento di Callegaro è a tutti quegli spazi, che non godono di altrettale opportunità. Ci ha poi tenuto a “fornire alcuni numeri della passata Stagione – una sorta di consuntivo…” -: 330 alzate di sipario – fra spettacoli teatrali, concerti ed iniziative artistiche di varia natura -; il teatro Litta come il terzo dei teatri frequentati dagli abbonati di “Invito a Teatro”; 6 produzioni e 6 coproduzioni con giovani – “compagnie, registi, attori… secondo una delle cifre della filosofia di questo teatro…”, ricordando quel sodalizio con registi-docenti, negli anni passati, quali Carmelo Rifici e Claudio Autelli, alla cui scuola si sono formati altri attori, drammaturghi o registi di belle speranze, quale lo stesso Francesco Leschiera – regista in Residenza per il prossimo biennio con la sua compagnia, il Teatro del Simposio.

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“Il fiore dell’illusione produce il frutto della realtà”: è iniziato con questa la frase di Paul Claudel – scelta a mo’ di manifesto programmatico della Stagione -, l’intervento di Sixty, che, alludendo alla “lanterna magica, che è il Teatro” e “alle difficoltà a tenerla accesa – siamo pur sempre di rettori di piccole aziende…”, ha anzitutto introdotto il progetto “Palco Amico”sorta di joint venture della durata di almeno un triennio, attraverso cui soggetti teatrali anziché vedersi come ‘competitor’, scelgono di stringersi la mano ed andare avanti insieme”. In quest’ottica s’inscrive la sinergia col Teatro Libero, presente in stagione con due lavori: “Amleto”,   dal 25 novembre al 7 dicembre – prendendo le mosse dal ‘comandamento laico’ di Amleto ad Orazio (“Ricordati di me e continua a ripetere la mia storia”), Corrado D’Elia ha spiegato il senso di questa scelta: “Un classico, ma restituitoci attraverso un’indagine di temi e linguaggi contemporanei”, che vanno ad includere sì una riproposizione testuale fedele, ma attraverso la commistione con altre espressioni artistiche: “dalla musica al binarismo luce/buio, all’interno di un cubo dove si muovono personaggi, he non si sa da dove entrino, giocando – com’è nostra cifra – in un approccio emotivo” – e “La Locandiera”, dal 13 al 25 gennaio – riletta sotto la lente d’ingrandimento della ‘finzione’ e trasfigurata in “plastica” e “pop”, come ha ben spiegato Monica Faggiani, sottolineando sia il caleidoscopico mood della finzione (“Teatro nel teatro: sono due uomini, che si fingono due donne, che si fingono ricche…”), che quello della spregiudicata modernità della protagonista (“Una donna che fa quello che vuole, portando avanti il suo modo di concepire il proprio essere donna”).
La Stagione verrà inaugurata da “La Coscienza di Zeno spiegata al popolo”, regia di Paolo Rossi e portata in scena dal Pupkin Kabarett delle vite e delle opere di Italo Svevo, che, attraverso la testimonianza del suo Capocomico Alessandro Mizi, ha ricordato quel surreale mandato di Paolo Rossi di anni addietro: “Il prosciutto di Parma, se fatto a Parma e col marchio di Parma, lo vendi in tutto il mondo“, come a dire che una compagnia triestina avrebbe sempre avuto una marcia in più nel proporre/diffondere Svevo; da qui, la rilettura in chiave assolutamente non tradizionale – fatta di situazioni alla David Letterman Show, ballerine di lap dance al posto dell’austero psicanalista e quant’altro l’inedita rilettura della compagnia ha saputo escogitare. Sempre in questa stessa ottica di “surrealismo sperimentale” – come l’ha lui stesso definito -, il pirandelliano “Sogno (ma forse no)”, dal 7 al 20 novembre, regia dello stesso Sixty, che ha scelto di mettere in scena un Pirandello che non ti aspetti: “più didascalie che dialoghi… più che altro una partitura per un autore, che siamo abituati a conoscere come verboso e bravo nei dialoghi. […] Più in accordo con quella commistione di performance ed arte, da cui io provengo”, ha concluso il Direttore Artistico, presente in stagione anche con altre sue regie: “Confidenze troppo intime”, dal 3 al 15 marzo – ripresa dalla scorsa Stagione-, e la nuova produzione “Il Gabbiano” di Cechov, dal 3 al 22 febbraio, punta di diamante della Stagione – non a caso quel gabbiano in isolato volo, in locandina – a declinare lo struggente tema dell’abbandono, quanto mai attuale in un’epoca come la nostra, anch’essa vittima dell’illusione.

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E’ stata poi la volta di “Frammenti di Contemporaneità”, dal 14 al 23 novembre, il lavoro del regista ‘residente’ Francesco Leschiera, che, supportato dalla sua Compagnia Il Teatro del Simposio ed in sodalizio con regista ‘inglese Chris White, porta in scena tre testi di Crimp (più uno), dotati anche di una autonomia – “Ecco perché ‘frammenti’…” -, lavorando sui quali, Leschiera spiega di come abbiano avuto l’impressione d’imbattersi in uno specchio dei tempi: “Non c’è giudizio – ha precisato -: ma restano domande aperte, che noi ci facciamo e che speriamo che anche il pubblico ci e si faccia”. A completare il Cartellone: “Gebrek” dall”11 al 20 dicembre – progetto del critico e giornalista Claudio Elli, che, affiancato anche nella regia da Riccardo Magherini, propone un progetto di contaminazione di generi, al punto da elaborare perfino un fumetto, che uscirà poco prima dello spettacolo e che sarà in qualche modo presente in scena, interagendo col cattivissimo Dittatore del futuro, protagonista della pièce -; “Le Beatrici”, dal 16 al 31 dicembre, di Stefano Benni & Collettivo Beatrici e “Titanic – The great disaster”, dal 17 al 29 marzo,  con Mathieu Pastori e per la regia di Renato Sarti, passato nella scorsa programmazione del Teatro della Cooperativa e all’interno di quell’ottica di sodalizio-resistenza a cui aveva accennato Sixty: “Noi siamo in trincea qui in centro, Sarti è in trincea in periferia”.
Né è mancato l’intervento dell’assessore Filippo Del Corno – che, sollecitato dalla provocazione di Callegaro: “Il fiore dell’illusione… Ma noi sappiamo che l’assessore non vende illusioni…”, ha colto al balzo l’occasione per rilanciare la sua crociata per una “Milano Capitale Europea Pemanente per la Cultura e lo Spettacolo dal Vivo”, sottolinenado quanto sia già viva e vitale, in tal senso, il capoluogo meneghino e quanto ancor potrebbe essere implementato questo aspetto, al punto da diventare uno dei principali richiami da un punto di vista turistico, con il facilmente comprensibile indotto/ricaduta anche a livello economico.
Da ultimo, ma non ultima, “Apache”, rassegna di contaminazione di generi artistici diretta e curata da Matteo Torterolo, a completare il panorama della ricca proposta del Litta per la prossima Stagione.
A tutti, dal 16 ottobre: Buona visione.

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