Tre esilaranti cammei per provare a riflettere

Non sono un’amante del genere ‘brillante’, io; e mi ci accosto sempre con l’umile cautela di chi sa di saggiare zolle a lui inconsuete: di cui non conosce la grammatica – probabilmente – e rischia – ad ogni passo – di travisarne i codici… Ma, fin dalle prime battute di questo “Le poveracce” – soggetto di Gabriele Scotti e Gianna Coletti: anche regista, l’uno, e superba interprete, l’altra -, risulta subito chiaro che poco sarà concesso al fraintendimento: perché indiscutibilmente si tratta di un intelligente lavoro di composizione drammaturgica. Meglio: sul ‘fraintendimento’ ci si attarda a giocare, con gusto – del pubblico, anzitutto, com’è stato evidente a giudicare dai divertiti feedback della sala -, specie nel cammeo che riguarda ‘Zocco Lara’/Beatrice Schiros – dove il doppio senso è così elegantemente servito, da non lasciar possibilità alcuna di poter passare inosservato.

http://www.spaziotertulliano.it/Spazio_Tertulliano/Le_poveracce.html
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Già, perché si tratta di un crescendo a partire da tre situazioni monadiche: irrelate, ma anche capaci di passarsi il testimone semplicemente sulla scia di una battuta, che riecheggia magari con un differente accento, accompagnandoci da una scena ad un’altra; quasi arbitro ne risulta l’occhio di bue, che gioca ad illuminare – ora questa ora quella: in successione… -, le evoluzioni delle tre vicende, che convivono tutte insieme sul medesimo palco, semplicemente animandosi quando la luce le illumina o sprofondando in un immobilistico torpore quando la luce si distoglie…-.

Tre vicende, dicevamo: quella dell’ avvocatessa-stolker – interpretata da una Vanessa Korn, che, se sulle prime sembrava troppo legata ad un modello recitativo, che non le appartiene (quasi un ‘replicante’ della Coletti), è però poi riuscita ad affrancarsene, acquisendo (ed esprimendola appieno) una modalità espressiva sicuramente autentica e credibile… -, in bilico fra i suoi deliri di auto realizzazione ed il bisogno – prepotente! – di non soccombere alla solitudine; quello di Zocco Lara – interpretata dalla già ricordata Beatrice Schiros: efficace nel porgerci un personaggio al limite del kitsch (me la immagino come una sorta di Mara Maionchi, forse, nelle intenzioni), ma da lei resa con una raffinatezza, che a posteriori ci stupisce, quando veniamo a sapere quale sia stato il carrier iter del personaggio da lei interpretato… -, sicura e sprezzante nella sua ascesa ‘irresistibile’; e quello di Fortunata Speranza – la Coletti: impeccabile nel modulare i toni, gli accenti e la mimica, che spaziano dal ‘meneghino pop’ (quanta biografia, traspare dal suo personaggio! E quanta di quell’atmosfera da ‘periferia nord’, che abbiamo amato in “Tra cinque minuti in scena”! Per non parlare del pudicamente ironico, delicato e poetico battibeccar ‘a distanza’ con la ‘mammetta’…), coi ricordi d’infanzia nell’aia di Brugherio, a tematiche di tutt’altra portata -, disoccupata – ‘improduttiva’, come si autodefinisce… – sia sul versante lavorativo che su quello familiare: che l’ovatta in una surreale situazione da libro “Cuore”. E torna in mente il motto freudiano: “Scherzando, si può dir tutto: anche la verità…”: perché se pur non son mancati gli scrosci di risate – genuine, spontanee – alle battute di queste tre improbabili stilemi di personaggi, l’intreccio, una volta che ci abbia preso per mano – ammaliandoci con la lusinga di un ridere non ‘becero’, ma ‘intelligente’: come quello che subitaneo zampilla dal riconoscimento di una corrispondenza.. .- ci accompagna fino all’acme in cui il gioco del teatro mostra il proprio originario volto e la maschera della commedia si muta nella smorfia di chi non può più ridere, a ben pensarci…

“L’umorismo è il più potente meccanismo di difesa”, scriveva sempre Freud: e, qui, l’umorismo è stato sì il vezzo -leggero…-, di cui son state ammantate le tre donne; ma probabilmente anche l’amabile éscamotage, che ha consentito a questa acuta partitura drammaturgica di lusingare i nostri timpani e vincere le nostre difese. Perché non a caso, forse, si dice: “Ridere fino alle lacrime…”.

Stasera al debutto: al Tertulliano fino a domenica 27.

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