“Spin”, surreale divertissement sulla manipolazione dell’informazione

L’avevamo saggiata già nel lontano 2010, con “Questi amati orrori”, l’intesa perfetta fra il drammaturgo Renato Gabrielli e l’impareggiabile Massimiliano Speziani (fresco di Premio Hystrio all’Interpretazione); e qui è tornato il tandem vincente: al festival Da Vicino Nessuno è Normale, in data unica sabato 23 giugno 2018. Questa volta arricchito dalla partecipazione di Emiliano Masala e dall’intervento del’eclettico musicista fantasista Gaetano Cappa, ha portato in scena “Spin”, una curiosa anteprima di teatro sonoro autopromozionale, così provocatoriamente autodefinitosi nel sottotitolo.

Massimiliano Speziani

Già, ma cosa s’intende per teatro sonoro? L’inflazione d’immagini a cui siamo quotidianamente sottoposti ci fa spesso dimenticare il potere del linguaggio verbale – e sottovalutare la retorica del potere. Spin mette al centro dell’attenzione le parole. (È un esperimento di teatro sonoro: lettura e musica), si legge nel foglio di sala. Lo stesso titolo, del resto, allude a questo: lo spin doctor è un esperto della comunicazione – di quelli di solito assoldati dalle figure politiche d’importanza strategica. Un po’ più che semplice comunicatore, di fatto questo specialista delle pubblic relations applicate si contraddistingue per la sua ambiguità e spregiudicatezza, che qui vediamo splendidamente tratteggiate nelle parole e nella prossemica dei protagonisti. Benché strumentalmente proclami una linea di onestà e trasparenza, da doctor poi di fatto sa abilmente contraffare (l’informazione); infischiandosene della deontologia, suo solo intento è quello di agguantare il tiro a effetto – questa, l’accezione sportiva di spin -, che gli consenta di portare l’auditorium esattamente là, dov’è suo interesse che sia. E tutto ciò è in perfetta linea di continuità con le tematiche trattate da Gabrielli – proprio in questi giorni alle prese, fra l’altro, con un workshop sulle fake news, i cui esiti saranno restituiti lunedì 2 luglio all’Accademia dei Filodrammatici di Milano.

Ciò premesso, quel che balza all’occhio è lapparente ossimoro fra questa dichiarazione d’intenti – teatro sonoro e una quasi crociata iconoclasta – e l’incontenibile potere evocativo del teatro, capace, anche quando non sia dichiaratamente di narrazione, di mostrare mondi a partire dalle parole, tanto più quando queste passino attraverso il corpo dell’attore e di un attore del calibro di Speziani.

SPIN – sabato 23 giugno, ore 21:45, Teatro LaCucina, Milano.Io faccio le musichine.

Pubblicato da Gaetano Cappa su Sabato 16 giugno 2018

Così, se il plot è relativamente semplice e probabilmente pure prevedibile – una coppia di spin doctor nemici/amici, scoppiati dopo un fallimento tanto rovinoso, quanto fulminante era stata l’ascesa, ma che alla fine non sapranno resistere alla tentazione di salir di nuovo sulla giostra di un altro candidato –, quel che fa la differenza sono le parole (di Gabrielli) e la partitura sonora (e non nel senso acustico soltanto) di Cappa, oltre alle azioni sceniche orchestrate dalla regia di The Spin Master (collettivo formato dagli stessi Gabrielli, Speziani, Masala, Cappa e dallo space maker Luigi Mattiazzi). Ancora una volta, quel che colpisce è l‘assoluta coerenza dei segni, che ci consente di abbandonarci a una sorta di paradiso artificiale, in cui, non importa quel che succeda o cosa ci verrà rivelato, ci sentiamo tutelati dalla garanzia della riconoscibilità. E cos’è, il teatro, se non per l’appunto la scatola magica, all’interno della quale possiamo muoverci e giocare secondo regole codificate e condivise, benché diverse di volta in volta?

L’intro ha la falcata della sfilata di moda con tanto di giacchetta/feticcio di Antonio Pecora – appoggiata, ad arte, sulla spalla di Ferdy/Speziani -, che già c’introduce in un mondo di immagine, glamour e business: è lui quel top degli spin doctor, che l’attore impersonerà in gag esilaranti. E se è così prevedibile da essere quasi stucchevole, il giochino iniziale di Dany/Masala, simil bimbetto imbronciato, intestardito in quel suo non gioco più, quel che davvero fa la differenza, per tutto il tempo, è il come ci vien restituito quel cosa, che in fondo non si distacca da molto di già visto o raccontato. Del resto, non è esattamente questo, il punto?

Tutto è già stato raccontato. Non resta più niente da dire o da sperare, apre – in contropiedeDany/Masala, Responsabile della Squadra Narrativa nella campagna politica per la Svolta. Ed è proprio questo che dà il là al gioco dialettico al rilancio di Ferdy/Speziani, con cui prende avvio l’ultima storia che valga la pena raccontare […] A questo pubblico oramai incuriosito, chiosa, gigione, Ferdy, innescando la parodistica commedia sull’enfatizzazione dello story telling e la manipolazione dell’informazione; offre frequenti spiragli di affondo nella fantapolitica e caustica invettiva, quasi che, a farla sul malcostume di una Urbania, sia più facile o legittimo.

Non risparmia niente e nessuno: ecologia – diossina, vista non come problema, ma opportunità – , politica, – clandestini come bonificatori volontari della zona industriale tossica, per ripagare i costi del loro mantenimento -, comunicazionecampi, che da un sondaggio risulterebbe essere termine di destra associato al nazismo – , corruzione e piccole italiche debolezze come quella per la stagista – o lo stagista, a seconda dell’orientamento sessuale -, che offre però al drammaturgo occasione per parlare anche della bellezza – della giovinezza o di quella che, dostoevskianamente, salverà il mondo -, aprendo alla poesia, in un testo che prevalentemente è un divertissement satirico.

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Ci si muovono bene, Ferdy/Speziani e Dany/Masala, in un classico duetto alla clown rosso/ clown bianco qui versione sofisticata: un profluvio di gag – non manca un omaggio perfino al Principe della risata -, movimenti sospesi e trovate sceniche esilaranti, sottolineate dalle atmosfere sonore del maestro Cappa, ora con intento comico, ora più acutamente graffiante, e gustosissimi stacchetti, in cui non sdegna di buttarcisi in prima persona. Il risultato? Un lavoro intelligente e ben centellinato, assolutamente godibile e coinvolgente, capace di toccare temi scomodi, ma con la leggerezza della stoccata fulminea, a cui tutto si perdona. Brilla per la generosità di tutti i coinvolti, ma, non me ne si voglia, soprattutto per la sorprendente versatilità anche ludica, Gaetano Cappa e per la confermata maestria di Massimiliano Speziani dall’inventiva mimica strepitosa.