I mimi Dek.ru e le loro Anime Leggere di abilità e ironia

Capita, a volte, che le cose più sorprendenti passino per i sentieri meno battuti. Così capita che uno spettacolo raffinato, ironico, tecnicamente eccellente, oltre che fruibile e godibile davvero da tutti, resti in programmazione, per pochissime repliche soltanto, in uno spazio fuori dai circuiti più acclamati. Lo spettacolo in questione è “Anime leggere” del Quartet DEKRU; lo spazio – undeground in tutti i sensi – è quel Cielo Sotto Milano, che, da qualche stagione in qua, la Dual Band ha inaugurato nel mezzanino del Passante Ferroviario di Porta Vittoria a Milano. Repliche fino al 30 novembre 2019.

Una proposta inusuale e coraggiosa.

Chi mai scommetterebbe su un’ospitalità internazionale di un gruppo, la cui arte si autodefinisce plastic visual playI? E, reciprocamente, quale compagnia si arrischierebbe in un tour all’estero, potendo contare su piazze certo non dall’altisonante nomea? Cercando nel ricordo operazioni simili, qui, a Milano, affiorano casi quali Slava’s Snow Show o Donka della Compagnia Finzi Pasca ospitati nella grandiosa vetrina del Piccolo Strehler. E anche se i partner coinvolti, qui, in Italia forse ancora non godono della stessa eco, nulla hanno, i Dekru, da invidiare ai pur illustri colleghi citati. Certo, mezzi di produzione più rosicati, ma, al tempo stesso, una maestria, che li rende capaci di evocare la preziosa magia teatrale affidandosi al solo ausilio dei loro corpi. Concedono pochissimo al supporto dei rari oggetti di scena, che, però, sanno ottimizzare magistralmente.

Pubblicato da Quartet DEKRU su Sabato 14 luglio 2018

Di fatto altro non fanno che accompagnarci, in punta di piedi e a fior di mute labbra, lungo i sentieri della vita di tutti i giorni.

Ce ne mostrano le piccole nevrosi e le grandi ironie, i pretesti, i paradossi e i contrattempi capaci di svelarcene la sottile risibilità. A saperla cogliere, chissà quanto più leggera risulterebbe – citando una vecchia reclame -, il pur snervante logorio della vita moderna! C’è tutta la magia e l’arguzia di una certa clownerie mimica, nei loro quadri: la situazione preparatoria, l’incidente enfatizzato, l’ironia di chi guarda da fuori… e poi la reazione del malcapitato e la fuga dell’altro quale sola via per scamparne le ire. In fondo, lo stesso schema della Commedia dell’Arte e di tutto ciò oggi si ama definire teatro di strada, in quanto dalla strada, ovvero dalla vita di tutti i giorni e dai suoi schemi ricorrenti, ha saputo trarre ispirazione. Il celebre lazzo della mosca viene riattualizzato, così come contemporanee sono le gags, che raccontano dell’uomo d’oggi alle prese con situazioni comuni, quali il lavoro d’ufficio, gli spostamenti sui mezzi pubblici o le dinamiche socio fobiche in piccoli spazi condivisi come un ascensore. Né manca la pantomima della competitività moderna, stigmatizzata nello sport – che, chissà, se poi è davvero tanto sportivo…

Un’ininterrotta sofisticata rielaborazione dei grandi maestri.

Ce l’hanno scritta fin nella scelta del costume di scena, la cifra poetica del loro fare: fin dalla tuta da mimo, rigorosamente nera, che ricorda, con quello scaldacuore finemente incorporato, l’ intenzionalmente striminzito panciotto di Marcel Mauceau. Il trucco del volto, pallido di biacca, è un tributo alla grande tradizione mimica franco-russa; impreziosito da raffinati dettagli neri, che caratterizzano ciascuno dei quattro, riesce a individualizzare ciascuno di loro, quasi a strapparli ad un’anacronistica stereotipizzazione. Come non pensare, di fronte a quei visi e alle loro espressioni clowneristicamente enfatizzate, a Pierrot, nei pur istantanei passaggi, in cui la poesia si fa melanconica, o a Charlie Chaplin, specie nella parodia della liason amoureuse d’antan? E mentre le colonne sonore sembrano ironizzare sulle disavventure dei malcapitati, in scena vediamo corpi muoversi con una tonicità, duttilità e sorprendente capacità di tenuta in posizione fermo immagine, che denotano un allenamento certo non da poco.

Ma è nelle scene naturalistiche, che forse offrono il meglio della loro arte.

È qui, infatti, che i loro corpi si fondono in una materia sola. Usando in maniera impeccabile quel teatro su nero, che fa delle loro mani in guanti bianchi ora pesci, ora uccelli o foglie, si compattano a creare uno sfondo scuro, che all’improvviso si accende di queste figure sospese e lunari. Sempre mixando ironia e poesia, in un ensemble leggero, riescono a incantare e strappare applausi ad ogni tipo di pubblico.

Quasi 10 anni di lavoro condiviso.

Colpisce la capacità di non scadere nel sentimentale, né nel sarcastico, sì, ma anche la sorprendente abilità tecnica sincronizzata e l’affiatamento, apprezzabili soprattutto nelle scene naturalistiche o in quegli sketch veloci e a scomparsa, in cui, complice un rapidissimo e millimetricamente studiato gioco di quinte piroettanti in scena, ed ecco che li vediamo comparire e scomparire, ora l’uno, ora l’altro, a regalarci ironiche pillole di vita quotidiana. Tutto ciò è reso possibile indubitabilmente dalla grande bravura dei mimi, ma, non di meno dalla lunga e allenata disciplina del fare. La compagnia, infatti, è stata fondata nel 2010, a Kiev, dagli splendidi performers ucraini Bogdan Svarnyk, Inna Turik, Mykyta Cherepakhin e Antonii Kyiovych, diretti da Liubov Cherepakhina, pure ideatrice della drammaturgia scenica. Premiati al Festival Mondiale del Circo di Mosca e al Festival di Clown e Mimi di Odessa, si sono esibiti in molti Paesi, tra cui Germania, Paesi Bassi, Polonia, Francia, Polinesia, Cina, Tahiti, Nuova Caledonia, oltre che in Russia e Ucraina.

Ora in Italia per un tour, che li farà certo apprezzare anche nel nostro Paese: fino a sabato 30 novembre a La Dual Band nel Cielo Sotto Milano, dove, a fine spettacolo, è ormai tradizione unire pubblico e artisti consumando un piatto caldo e un bicchier di vino insieme.